18 Set, 2023
Cuccioli di Amarena: lasciarli liberi o metterli in sicurezza?
18 Set, 2023
Cuccioli di Amarena: lasciarli liberi o metterli in sicurezza?

La tragica uccisione dell’orsa Amarena ha provocato dolore e sdegno in tutta Italia. Mentre le indagini sull’accaduto seguono il loro corso, l’attenzione del pubblico si è spostata sui due cuccioli orfani dell’orsa: che ne sarà di loro?

Il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise ha pubblicato alcuni comunicati, con cui ha reso note le proprie decisioni e motivazioni. In particolare, la scelta del PNALM, fin dal primo momento, è stata quella di provare ad assicurare ai due orsetti un destino in natura. Immediate le reazioni – anche molto animate – di migliaia di utenti, che sui canali social del Parco hanno manifestato preoccupazione e rabbia: secondo loro i cuccioli sono condannati a morire, o per incapacità di procacciarsi il cibo o per mano dei predatori o per l’impreparazione ai rigori dell’inverno, pertanto andrebbero messi temporaneamente in sicurezza.

Per approfondire la questione, ci siamo affidati al parere di un esperto, Paolo Ciucci, zoologo e professore associato presso il Dipartimento di Biologia e Biotecnologie “Charles Darwin” dell’Università di Roma “La Sapienza”.

Professore, è interessante notare che le scelte del Parco d’Abruzzo, motivate da competenze scientifiche e da un’esperienza sul campo decennale, siano state contestate, anche violentemente, da moltissimi cittadini. Come valuta questo fenomeno?

In una società del buon senso – e speriamo democratica, partecipativa e trasparente – dove la fauna selvatica è un bene comune, le decisioni gestionali sono o dovrebbero essere sempre prese: da una parte, sulla base di indicazioni scientifiche, che aiutano a comprendere quali azioni e interventi abbiano maggiore senso e probabilità di riuscita; dall’altra, in base ai valori maggiormente condivisi a livello di società. 

Laddove le indicazioni tecniche e scientifiche possono essere giuste o sbagliate in base alle evidenze considerate – non tutto è scienza quando si parla di fauna selvatica! – e ai risultati che si ottengono, in tema di valori non ci sono scelte giuste o sbagliate in assoluto. I valori che guidano la gestione dipendono dalle opinioni prevalenti e condivise a livello di società. 

Ad esempio, se il fatto di proteggere i grandi carnivori sia una scelta giusta o sbagliata attiene ad una scala di valori, non alla scienza; nel caso poi la società decidesse di tutelare i grandi carnivori, la scienza può dare indicazioni su come meglio e più efficacemente riuscire a farlo, nonostante tutte le complicanze gestionali del caso.

Entriamo nel vivo della questione: è scientificamente consigliabile lasciare i cuccioli di Amarena in libertà, oppure catturarli e metterli temporaneamente al sicuro?

La scelta di catturarli per riporli in cattività o lasciarli in natura sperando che ce la facciano è una questione che attiene ai valori, sulla quale la scienza può purtroppo dare deboli e flebili indicazioni, e spiego perché. 

Non ci sono molti casi simili dai quali imparare o trarre statistiche di riferimento. E queste non possono essere generalizzate da popolazione a popolazione di orso, in quanto i contesti ecologici e antropogenici possono differire di molto. Rimane il fatto che a questa età, circa 7 mesi, i cuccioli ovviamente corrono seri rischi di non farcela, specialmente in una popolazione che vede una mortalità dei cuccioli, tutti i cuccioli, inclusi quelli accompagnati dalla madre per l’intero primo anno di vita, di circa il 50%. Tuttavia ci sono casi in cui cuccioli senza la madre, anche all’età di 6-7 mesi ce l’hanno fatta da soli. Ma le casistiche sono così poche e tra loro non confrontabili che non è possibile offrire valutazioni probabilistiche. 

D’altra parte, quello che è certo nel caso di cuccioli di orso di questa età, è che è maledettamente difficile, nonostante le più paranoiche precauzioni, metterli in sicurezza evitando che si abituino al contatto con gli esseri umani. E questo, tra l’altro, diventerebbe ancora più difficile con cuccioli la cui madre ha finora insegnato loro che le cose buone da mangiare si trovano nei paesi e non sulle montagne, con la dovuta pazienza e esperienza, che viene tramandata culturalmente.

Per molti amanti degli animali catturare i cuccioli e metterli al sicuro sarebbe un’operazione facile ed efficace. È così?

Ci sono diversi problemi tecnici, logistici ed etologici affinché questo risultato possa essere garantito. Innanzitutto, ci deve essere un’area grande recintata e delle condizioni adeguate per ospitare due orsi e che sia in grado di offrire loro tutte le risorse e le condizioni per loro essenziali, ad iniziare appunto dal cibo e dall’acqua e, in questo periodo, anche di una struttura adeguata per lo svernamento. 

Quest’area deve essere posta assolutamente lontano da paesi e zone comunque frequentate dall’uomo, altrimenti l’abituazione, cioè il fatto che gli animali selvatici si abituino alla presenza dell’uomo e si “organizzino” per defraudarli degli animali da cortile o semplicemente approfittino degli avanzi, è garantita. 

Inoltre, è critica la scelta delle cose da offrire ai cuccioli da mangiare, dove dovrebbe essere imperativo dargli le risorse che troverebbero nei boschi e non nei campi coltivati o peggio nei supermercati dell’uomo, sempre per il problema suddetto della abituazione. 

Oltre alle enormi difficoltà logistiche, finanziarie e di disponibilità di personale formato per cimentarsi in un’operazione del genere, resta il fatto che il rischio di abituazione rimarrebbe comunque particolarmente elevato nel caso della specie orso e per l’età dei due cuccioli. Non solo, come già ricordato, Amarena ha ad oggi insegnato a questi cuccioli una strada diversa e assai pericolosa – ricordiamo Juan Carrito? – rispetto a quanto fanno le altre orse adulte con i propri cuccioli, non confidenti né abituate a cibo di origine antropica. È nel DNA della specie che a questa età i cuccioli imparano a muoversi e a conoscere il territorio nei minimi dettagli, territorio fatto di un mosaico intricato, esteso e complicato di risorse ma anche di pericoli, Homo sapiens in primis. Tutto questo certo non può ovviamente essere insegnato dall’uomo all’interno di un’area recintata. 

Ebbene, tutto ciò si traduce nel fatto che mettere ora i due cuccioli in cattività per poi rilasciarli tra qualche mese potrebbe semplicemente significare rimandare il problema – ricordiamo la cucciola Morena? – o accentuare la possibilità che, una volta rilasciati, i cuccioli tornino a fare la vita di Amarena e quindi una brutta fine, come spessissimo accade agli orsi confidenti. Senza considerare le difficoltà e i rischi associati alle operazioni di cattura, che non sono mai trascurabili. Anche se l’Ente Parco avesse a disposizione le risorse per garantire tutto questo, varrebbe la pena farlo per il bene dei cuccioli?

Insomma, non è tanto una questione tecnica, ma di scelte valoriali.

Esatto. C’è chi preferisce la vita ad ogni costo, c’è chi invece preferisce un’esistenza autentica, costi quel che costi. C’è chi pensa che la fauna selvatica debba essere trattata come le persone o come gli animali domestici che ormai fanno parte integrante della nostra famiglia, c’è d’altra parte chi pensa che la fauna selvatica debba essere trattata e gestita secondo le regole di madre natura, che sono diverse da quelle etiche e culturali che regolano le nostre società. 

Nuovamente, in una società democratica, resta da vedere chi è che deve governare questi “dibattiti” e processi decisionali sociali e fare sì che la gestione della fauna sia fatta per il bene sia degli animali selvatici – e dobbiamo chiederci: cos’è il bene degli animali selvatici? – che della nostra società, dove, per esempio, c’è chi vuole e chi non vuole convivere con la fauna e in particolare con i grandi carnivori. 

In mancanza di questa governance sociale, si genera immancabilmente il caos più generale. Specialmente in episodi come questo che vede protagonisti degli stupendi cuccioletti di orso indifesi che ci ricordano troppo da vicino l’orsacchiotto di peluche che tutti abbiamo avuto da piccoli. Chi non farebbe qualsiasi cosa pur di salvarli? Ma ricordiamoci che non sono il nostro peluche né si tratta di animali domestici e d’affezione, come non lo era del resto Amarena. 

Chiediamoci dunque cosa vuol dire coesistere con l’orso e chi è che deve governare questi processi decisionali. Vogliamo davvero lasciare tutto in mano alle discussioni sui social? E chiediamoci anche quale sia il mandato e quali siano i doveri e le responsabilità di un Ente Parco che nasce per la tutela della biodiversità nel suo territorio. E chiediamoci anche se questi doveri un Ente Parco li deve esercitare anche al di fuori dei suoi confini istituzionali o se sono altre le istituzioni che fuori dai parchi dovrebbero intervenire. Perché c’è il rischio che un Ente Parco in queste circostanze funga da parafulmine di tutte le negligenze e le mancanze delle altre amministrazioni coinvolte che, a quanto mi risulta, stanno in panchina in sacrale silenzio ad osservare quanto accade.

Cosa risponderebbe a chi non vuole sentire ragioni e pretende la cattura dei cuccioli?

In assenza di adeguati indirizzi e prese di responsabilità sociale da parte di chi invece queste responsabilità se le dovrebbe prendere – e non mi riferisco all’Ente Parco che se ne è già prese troppe oltre il suo mandato -, se c’è una parte della società che non è d’accordo nel lasciare liberi i due cuccioli di Amarena, immagino sia possibile in un paese democratico prendere iniziative sociali e organizzarsi affinché il decorso delle azioni sia diverso. Ma pensare che mettere in recinto, in condizioni anche strettamente controllate, questi due cuccioli sia per loro garanzia futura di una degna e decorosa vita allo stato selvatico potrebbe rivelarsi un grave errore.

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