In Italia, la tutela degli animali ha compiuto un enorme passo avanti con l’entrata in vigore della Legge 281 del 14 agosto 1991, che ha segnato un cambiamento epocale nella gestione del randagismo e nella protezione di cani e gatti. Prima di questa normativa, la soppressione degli animali randagi era una pratica diffusa e legalmente consentita, mentre oggi è vietata, salvo specifici casi legati a gravi motivi di salute.
Prima del 1991: il randagismo gestito con la soppressione
Fino all’entrata in vigore della Legge 281/91, il fenomeno del randagismo in Italia veniva affrontato principalmente attraverso la cattura e la soppressione degli animali senza famiglia. Nei canili comunali, i cani randagi venivano trattenuti per un periodo limitato e, se non reclamati o adottati, venivano abbattuti. Questa prassi era considerata un metodo “pratico” per contenere il numero di animali vaganti, senza affrontare le reali cause del problema, come la mancata sterilizzazione e l’abbandono.
Le modalità di soppressione variavano, spesso senza protocolli veterinari rigorosi, causando agli animali inutili sofferenze. Inoltre, non esisteva un vero incentivo all’adozione o alla gestione etica degli animali randagi, portando a una situazione di continua emergenza nei rifugi e nei canili.
Dopo il 1991: il divieto di soppressione e la tutela degli animali
Con l’emanazione della Legge 281/91, l’Italia ha introdotto per la prima volta il principio della tutela degli animali d’affezione e della prevenzione del randagismo. Tra i punti fondamentali della legge, il più rivoluzionario è stato il divieto assoluto di soppressione di cani e gatti sani.
L’articolo 2 della legge stabilisce infatti che “i cani vaganti catturati e i gatti in libertà, qualora non siano reclamati o adottati, devono essere sterilizzati e reinseriti nel loro habitat”.
Le uniche eccezioni in cui è consentita la soppressione riguardano i casi di animali gravemente malati o incurabili, sempre sotto controllo veterinario e con l’obbligo di garantire un’eutanasia priva di sofferenza.
Le conseguenze della Legge 281/91
L’abolizione della soppressione ha portato un cambiamento radicale nella gestione del randagismo in Italia. Tra le principali conseguenze positive troviamo:
- Incremento delle sterilizzazioni: la legge ha promosso campagne di sterilizzazione come metodo etico ed efficace per il controllo della popolazione randagia.
- Maggior tutela nei canili: i rifugi per animali non sono più luoghi di passaggio per l’eutanasia, ma – nelle intenzioni del legislatore e nei casi più virtuosi – strutture destinate al recupero e all’adozione.
- Responsabilizzazione delle amministrazioni locali: i Comuni hanno l’obbligo di occuparsi dei cani e dei gatti randagi, prevedendo cure e soluzioni alternative alla soppressione.
Tuttavia, l’applicazione della legge presenta ancora alcune criticità. Molti canili sono sovraffollati, e la mancanza di risorse economiche e di politiche adeguate spesso porta a condizioni di vita precarie per gli animali ospitati, soprattutto nel caso di canili gestiti da privati che lucrano sul numero degli animali custoditi nella struttura.
Il passaggio dalla soppressione alla tutela di cani e gatti ha segnato una svolta nella cultura italiana verso il rispetto e la protezione degli animali. La Legge 281/91 ha salvato migliaia di vite e ha imposto un nuovo modello di gestione del randagismo, basato su sterilizzazione, adozione e rispetto della vita animale. LNDC Animal Protection continua a battersi affinché questa normativa venga applicata in modo efficace in tutto il territorio nazionale, promuovendo politiche di sensibilizzazione e garantendo un futuro più sicuro per tutti gli animali.