È successo in provincia di Udine. Un uomo di 70 anni ha perso la vita durante una battuta di caccia, colpito da un colpo partito dal fucile di un altro cacciatore. Una tragedia che non può più essere liquidata come un “incidente”, ma che si aggiunge alle tante provocate da una pratica crudele, arcaica e priva di qualsiasi giustificazione. Ancora una volta la caccia uccide, e non solo gli animali: uccide chi la pratica, uccide chi ne subisce le conseguenze, uccide ogni idea di rispetto e tutela per la vita.
La caccia è una delle pratiche più disumane ancora legalmente consentite, un retaggio del passato che continua a produrre morte e sofferenza sotto la maschera di uno sport.
In Italia, secondo i dati dell’Osservatorio Vittime della Caccia, negli ultimi dieci anni si sono contati oltre duecento morti e più di seicento feriti legati all’attività venatoria. Solo nella stagione 2024-2025 sono stati registrati 62 incidenti, di cui 14 mortali. Non si tratta di fatalità, ma delle conseguenze dirette di un’attività che mette armi da fuoco nelle mani di privati cittadini e le porta nei boschi, nei campi, vicino ai centri abitati. Ogni anno uomini e donne perdono la vita in nome di una “tradizione” che non ha più nulla di culturale e che troppo spesso viene difesa in nome di un consenso politico ormai fuori dal tempo.
Ma accanto alle vittime umane, che attirano l’attenzione mediatica, ci sono milioni di vittime invisibili: gli animali. Secondo l’ISPRA, nella sola stagione 2022-2023 in Italia sono stati uccisi più di 5 milioni e 300 mila uccelli, e se si considerano anche le altre specie cacciabili, le stime parlano di circa 300 milioni di animali uccisi ogni anno nel nostro Paese. Trecento milioni di vite spezzate, spesso per puro divertimento o per un trofeo. È un numero spaventoso che restituisce la misura di una strage silenziosa, autorizzata e protetta da leggi che ancora oggi considerano la caccia un’attività “ricreativa”.
La verità è che non esiste più alcuna giustificazione possibile. Dietro la caccia non c’è tradizione, non c’è cultura, non c’è equilibrio ambientale: c’è solo violenza. Eppure, anno dopo anno, la politica continua ad alimentare questo sistema, approvando leggi che favoriscono le pre-aperture della stagione venatoria, estendono i periodi di caccia, riducono le distanze di sicurezza, e permettono ai cacciatori di agire indisturbati. È inaccettabile che nel 2025, in un momento storico in cui il pianeta lotta per la sopravvivenza delle specie, la politica continui a piegarsi alle pressioni di una lobby minoritaria, concedendo privilegi in cambio di una manciata di voti.
Non si può più parlare di migliorare la caccia, o di “regolarla meglio”: la caccia va abolita, punto. È arrivato il momento di cambiare paradigma, di dire basta alla violenza legalizzata e di sostituire la caccia con una gestione della fauna basata sulla protezione, sulla conoscenza scientifica, sull’educazione e sul rispetto per la vita. LNDC Animal Protection, ha contribuito alla proposta di legge d’iniziativa popolare per l’abolizione della caccia e continuerà a battersi finché questo obiettivo non sarà raggiunto.
Non è più tempo di compromessi, né di mezze misure. Ogni volta che un animale viene ucciso per divertimento, ogni volta che un uomo muore per un colpo partito da un fucile, è la dimostrazione che questa pratica non appartiene più al nostro tempo. La caccia non è un diritto, è una ferita che continua a riaprirsi nella coscienza del Paese. E finché ci sarà anche solo un fucile puntato contro una vita innocente, il nostro impegno sarà quello di fermarlo.


