Gas serra, deforestazione, consumo di risorse e inquinamento: il costo nascosto della produzione di carne e derivati e degli allevamenti intensivi.
Gli allevamenti intensivi non rappresentano soltanto un grave problema etico per la sofferenza inflitta a miliardi di animali, ma costituiscono anche una delle principali minacce per l’ambiente a livello globale. Un sistema produttivo che consuma risorse naturali in maniera sproporzionata, genera inquinamento e contribuisce in maniera significativa alla crisi climatica, mettendo a rischio non solo la vita degli animali, ma anche quella delle persone e degli ecosistemi.
Secondo i dati scientifici più accreditati, il settore zootecnico è responsabile di circa il 14-18% delle emissioni globali di gas serra, una quota che supera quella dell’intero settore dei trasporti. La produzione di metano da parte dei ruminanti e di protossido di azoto derivante dalla gestione dei liquami hanno un impatto diretto sul riscaldamento globale. Si tratta di due gas serra con un potere climalterante molto superiore alla CO₂, il che rende gli allevamenti intensivi un attore centrale nella crisi climatica in corso.
Il consumo di risorse è altrettanto allarmante. Per produrre un solo chilo di carne bovina servono fino a 15.000 litri di acqua, una quantità spropositata se rapportata al fabbisogno umano diretto. Oltre allo spreco idrico, il sistema degli allevamenti richiede enormi estensioni di suolo per la coltivazione di mangimi destinati agli animali, sottraendo terre arabili alla produzione di cibo per le persone e aggravando la competizione per risorse già limitate.
La deforestazione, in particolare in Sud America, è strettamente legata alla zootecnia intensiva. Gran parte delle foreste amazzoniche viene abbattuta per creare pascoli per bovini o per coltivare soia destinata ai mangimi. La distruzione di questi ecosistemi comporta una perdita incalcolabile di biodiversità, riduce la capacità del pianeta di assorbire CO₂ e accelera il processo di cambiamento climatico. La perdita delle foreste significa anche l’estinzione di specie, la compromissione di equilibri ecologici e la distruzione delle comunità locali che da quelle risorse dipendono.
Un ulteriore impatto riguarda l’inquinamento. I liquami prodotti dagli allevamenti intensivi finiscono spesso per contaminare falde acquifere e corsi d’acqua, causando fenomeni di eutrofizzazione che portano a morie di pesci e al collasso di interi ecosistemi acquatici. Anche l’aria viene compromessa, con emissioni di ammoniaca e particolato che incidono sulla qualità della vita delle popolazioni che vivono nei pressi degli impianti.
Il quadro che emerge è quello di un modello produttivo non solo crudele nei confronti degli animali, ma anche insostenibile dal punto di vista ambientale. La produzione di carne e derivati ha un costo nascosto altissimo, che non viene pagato solo dagli animali sacrificati, ma da tutta la collettività attraverso la perdita di risorse, la distruzione degli ecosistemi e l’accelerazione della crisi climatica.
Ripensare radicalmente questo sistema non è più una scelta opzionale, ma una necessità urgente. Promuovere un’alimentazione a base vegetale, sostenere pratiche agricole sostenibili e ridurre la dipendenza da allevamenti intensivi sono passi fondamentali per tutelare l’ambiente e garantire un futuro vivibile alle prossime generazioni. La sfida riguarda tutti: istituzioni, cittadini, imprese. E le decisioni che prenderemo oggi segneranno in maniera irreversibile il domani del pianeta.


