Dopo la storica condanna in primo grado a 5 anni e 4 mesi per il titolare della struttura e ad altre pene per le altre persone coinvolte, la Corte d’Appello ha assolto tutti gli imputati del processo sulla gestione del canile di Sant’Ilario allo Ionio. LNDC Animal Protection, inizialmente parte civile nel processo, si dichiara scioccata e in attesa delle motivazioni della sentenza.
LNDC Animal Protection esprime sconcerto e profonda amarezza per la sentenza di appello che ha assolto tutti gli imputati nel processo sulla gestione del canile di Sant’Ilario allo Ionio (RC), quello che a tutti gli effetti sembrava uno dei casi più gravi e complessi di maltrattamento e gestione irregolare di animali mai emersi in Calabria.
Il processo, avviato nel 2022, aveva portato nel 2024 a una sentenza di primo grado con condanne significative, tra cui quella del titolare della struttura, condannato a 5 anni e 4 mesi di reclusione, e di altri imputati per reati legati a maltrattamenti, abbandono e gestione illecita del canile. LNDC Animal Protection, che si era costituita parte civile insieme ad altre associazioni nazionali, era stata esclusa dal giudizio nella fase finale del processo, ma ne aveva accolto con soddisfazione l’esito, considerandolo un segnale di giustizia per i tanti animali vittime di negligenza e sofferenza.
Oggi, però, arriva una doccia fredda: la Corte d’Appello di Reggio Calabria ha ribaltato completamente la sentenza, assolvendo tutti gli imputati, in molti casi con la formula “perché il fatto non sussiste”.
“È difficile comprendere come si possa passare da una condanna esemplare a una assoluzione totale. Parliamo di un caso che, per la quantità di animali coinvolti e per le condizioni documentate nel corso delle indagini, aveva destato sdegno e attenzione in tutta Italia. Questa decisione lascia senza parole e sgomenti”, afferma Piera Rosati – Presidente LNDC Animal Protection.
L’associazione attende ora di conoscere le motivazioni della sentenza, per comprendere le ragioni di un simile ribaltamento.
“Continueremo a difendere gli animali in tutte le sedi perché il loro dolore non può essere archiviato da una formula. Vogliamo capire come sia possibile che, in presenza di fatti così gravi accertati in primo grado, oggi si possa arrivare a dire che ‘il fatto non sussiste’”, conclude Rosati.


